"Idee Vs Realtà" di Ambra Guerrucci


Ci sono essenzialmente due mondi in cui possiamo vivere: uno è quello delle idee, l'altro è quello della realtà. Sin dall'infanzia siamo imbevuti di idee ed alcune di esse sono così radicate da essere inscritte nelle nostre cellule, tramandate di generazione in generazione. Tutto questo ha il suo senso, ma comporta dei limiti ed un prezzo che paghiamo di continuo. Il prezzo è il dolore, la sofferenza, l'insoddisfazione, la divinizzazione con conseguente demonizzazzione, le aspettative deluse, la preclusione di alcune possibilità, la paura di alcune possibilità e ritrovarci di fronte proprio quelle. Ogni cosa che viviamo, ogni sofferenza, viene proprio da questo: vivere un'idea anziché le cose così come sono. Lo facciamo in continuazione: guardiamo l'altro e assumiamo l'immagine che vuole darci di sé, senza contemplare minimamente gli altri lati, figli di quello stesso sforzo di "essere buono". Poi, l'altro lato della medaglia, esce fuori e di fronte ad esso rimaniamo infinitamente delusi, sofferenti. Non cogliamo gli aspetti, tutti i piccoli segnali che l'altro ci invia e che ci permetterebbero di vedere il tramonto già nell'alba. E se li cogliamo non crediamo a noi stessi, preferiamo credere all'altro, ma anche questo è il sintomo del fatto che condanniamo tali aspetti e ci riteniamo quindi cattivi nel contemplarli. Il fatto è che abbiamo un'idea per tutto. Un'idea per la persona giusta. Un'idea per la madre giusta. Un'idea per il padre giusto. Un'idea per gli amici giusti. Una per la bontà e una per la cattiveria. Abbiamo immagini interiori per ogni cosa, condizionate per altro dalla cultura in cui siamo cresciuti, dalle esperienze familiari e persino da quelle degli antenati, di cui ci mettiamo talvolta al servizio nel tentativo di compiere ciò che lì è rimasto incompiuto, di ottenere ciò che loro avrebbero desiderato, oppure temere ciò che loro hanno temuto. In pratica giriamo il mondo con gli occhi su una mappa di come erano le cose decine di anni fa, perdendoci tutto quello che si trova qui e che è nettamente diverso da ciò che hanno vissuto ora. Se un tempo in quel luogo c'era una spiaggia andiamo lì con le tavole da surf, anche se attualmente vi si trova una foresta. In quel momento utilizziamo la tavola sa surf che ci è stata data in eredità, le soluzioni meccaniche dei nostri antenati e della società, lamentandoci di rimanere fermi lì. Il problema non è lo strumento, non è il meccanismo, non è la tavola da surf, il problema è non vedere che ogni situazione è unica e ciò che era funzionale in un altro momento non lo è necessariamente anche oggi. Di idee si vivono emozioni belle, quando immaginiamo un futuro con una persona. Di idee soffriamo, quando temiamo che gli altri compiano azioni in grado di farci soffrire. Viviamo in funzioni di idee e ci consumiamo dalle emozioni e dai pensieri sulla base di esse. E diamo sempre per scontato che quelle idee siano corrette, così come le convinzioni inconsce che le sostengono. Diamo per scontato di averle scelte, di averle decise, di averle assunte volontariamente, mentre invece sono solo programmi che si attivano meccanicamente. Abbiamo idee su noi stessi, idee sulla salute, sulla malattia, sulla coppia, sull'amore, sulla felicità, sulla tristezza, sul sesso, sulla genitorialità. E queste idee le sentiamo, le viviamo come fossero terribilmente reali, mentre in realtà siamo chiusi in esse come in una bolla. Non vediamo le dinamiche, non vediamo cosa ci passa dentro, né l'origine di queste cose. Se ci arrabbiamo con una persona perché secondo noi ha sbagliato stiamo sostenendo un'idea, tanto quanto l'altro ha agito un'idea, consciamente o inconsciamente. In quel momento siamo esattamente come l'altro, entrambi agiamo un'idea e nonostante questo difendiamo un'altra idea ancora, quella di essere migliori. Se vediamo la realtà e stiamo semplicemente con quello che vediamo, senza dare a tutto ciò un connotato morale (quindi ideale) siamo in sintonia con tutto e ciò che muove tutto. Si entra in sintonia con delle "leggi", con degli "ordini" e da quella sintonia nasce la libertà, la possibilità di superare ogni limite. Talvolta, anche quado cerchiamo di essere oggettivi, l'emozione tradisce la nostra soggettività. Nel dire una cosa così come la osserviamo dimostriamo fastidio, nato dalla convinzione che quella cosa non vada bene. Le parole possono anche essere vere, ma il carico che vi mettiamo dimostra che siamo ancora una volta a servizio di un'idea. Quando iniziamo a lavorare su di noi, spesso, demoliamo le vecchie idee sostituendole con altre nuove, creando altre morali che riteniamo migliori. Essere nella realtà presuppone un lavoro interiore molto importante, non è uno spazio interiore a cui si accede per caso, non in questa società. Significa vedere tutte le idee, accoglierle come qualcosa che ci ha abitato fin ora, ma smettere di agirle e sostenerle. La realtà ci mette in contatto con tutto e tutti così come sono, ci porta persino oltre l'idea di accettazione. Quando vediamo la realtà non c'è più niente da accettare o non accettare, stiamo semplicemente con quello che c'è, così com'è. Quando parlo in questi termini spesso mi chiedono "ma ciò significa, estremizzando, che devo rimanere con qualcuno con cui mi picchia?". Questa domanda svela l'idea che essere nella realtà ci renda vittima, che ci metta alla mercé dei meccanismi altrui, un limite prospettico davvero molto grande e vederlo è già il primo passo per superarlo. La mia risposta, in questo caso è: "Cosa c'è tra una persona e una che la picchia? In genere c'è l'idea di doverlo salvare e che l'amore sia questo. Oppure c'è l'idea di tenere insieme la famiglia per i figli. O forse quella di evitare la fine della relazione perché sarebbe un fallimento. Se riconosci tutto questo puoi rimanere? E oltre a questo, tali dinamiche, svelano molto, molto altro. Per spiegare cosa avviene in una simile situazione non è possibile generalizzare, è indispensabile prendere un caso specifico e guardare oltre le apparenze. Ciò che è vero in tutti i casi, però, è che non è la realtà a far rimanere lì una persona, bensì l'insieme di idee con cui si identifica e che agisce senza nemmeno rendersene conto." In questo senso, pensino gli incontri con le persone e gli eventi sono il risultato delle nostre idee, lasciandole andare non abbiamo alcuna scelta obbligata, bensì recuperiamo tutte le possibilità che fino a prima erano invisibili. Abituati a "fare" non abbiamo idea di cosa significa porre tutta l'attenzione solo al vedere. Quando vediamo e tutta la nostra concentrazione è nel vedere, non c'è più spazio per nessuna idea, nessuna classificazione. Al tempo stesso tutto si conforma a quella visione, come fosse un suono che ordina la sabbia posta su una lastra sopra una sabbia, creando un magnifico disegno semplicemente per il fatto che è. Lì il fare perde di senso e scopriamo che il vedere basta a se stesso. La realtà non ha bisogno di idee, la realtà basta a sé stessa. E solo quando le idee decadono conosciamo l'amore Cosciente, quello vero, rendendoci conto che fino a prima non avevamo mai visto niente, nessuno, se non le nostre idee stesse.