"Respiro del Corpo Emotivo" di Ambra Guerrucci


Come il Corpo Fisico ogni Corpo Sottile respira, attraverso cicli di energia introversa ed estroversa. La funzione di questo Corpo è il sentire, provare emozioni basse (provenienti dal secondo Chakra) e il suo respiro si può riassumere in due categorie: piacere, simpatia, felicità e avversione, antipatia, dolore. Quando questo Corpo “inspira”, cioè si trova nella fase introversa, facciamo esperienza della gioia, dell’affetto, della sensazione di scioglierci e fonderci con le persone che amiamo o con l’oggetto del piacere, che potrebbe essere un brano musicale, una cosa appena comprata, qualsiasi strumento riconosciamo come fonte di felicità. L’effetto del secondo Corpo che assorbe energia è la sensazione di gioia che ti permea, è il sentirti espandere, aprendoti a qualsiasi energia ti circondi, entrandoci in sintonia e connessione. Un esempio di questa esperienza si ha quando si parla con una persona che ci piace ed iniziamo a sentire cosa prova, oppure ammirando un panorama che ci lascia senza fiato, e che ci induce ad una sensazione di fusione con esso. In questa fase riusciamo ad assorbire ogni sensazione che provano le persone vicino a noi, diventiamo empatici, allo stesso modo in cui una spugna assorbe l’acqua. Quando però il Corpo Emotivo è intriso di emozioni ha bisogno di scaricarsi, proprio come una spugna piena d’acqua che, per continuare ad assorbire, ha bisogno di essere strizzata. Raggiunto il punto massimo dell’inspirazione, il Corpo Fisico espelle anidride carbonica, allo stesso modo il Corpo Emotivo rilascia l’energia accumulatasi, sente il bisogno di separarsi da queste influenze assorbite e quindi si prova avversione. Se questo Corpo Metafisico è libero di “respirare” naturalmente, si passa attraverso intervalli di tempo in cui si prova piacere a stare con le persone ed altri in cui si sente il bisogno di starsene da soli, ma purtroppo qui le cose si fanno complesse. La nostra cultura è composta da idee ben precise sull’amore, la famiglia, l’amicizia, che portano a credere che, ad esempio, una coppia felice desideri passare ogni istante insieme o che una buona madre debba sempre stare vicino a suo figlio e provare il desiderio di unione verso di lui. In altre parole, la nostra cultura, considera l’amore solamente come “inspirazione” e per questo genitori e amanti tendono a stare sempre insieme, a volte fingendo di godere della compagnia dell’altro, di essere aperti ed amorevoli, quando avrebbero bisogno di starsene da soli. Questa cosa è assurda, come sarebbe assurdo continuare ad inspirare senza respirare fuori, fino a far scoppiare i polmoni. Ci si impegna troppo spesso a provare piacere reprimendo il dolore e l’avversione, fino a quando anche un episodio insignificante fa scoppiare una reazione totalmente sproporzionata. In questo caso il metaforico vaso è traboccato per la proverbiale goccia ed il secondo Corpo ha finalmente ottenuto la sua distanza dalle emozioni precedentemente accumulate. Generalmente le persone preferiscono la gioia, l’unione, la simpatia, reprimendo l’altra polarità, ma esistono anche persone che si sentono a loro agio solo in una situazione di solitudine, persone che sono inconsciamente attaccate al loro dolore e cercano di reprimere il senso di unione con l’amante, i figli, sfuggendo all’intimità. Nel primo caso, le persone che tendono a sciogliersi con gli altri, a sentirsi bene solo in compagnia, hanno la tendenza a reprimere o velocizzare il processo di “espirazione”, per poter godere di nuovo delle belle sensazioni della loro polarità “preferita”. Nel secondo caso, invece, abbiamo persone che preferiscono mantenere una distanza di sicurezza dagli altri, che si consentono di provare felicità e fusione solo quando non possono proprio farne a meno, per brevi momenti se confrontati con il tempo che passano in solitudine e tristezza. Esistono altre due possibilità che si verificano meno frequentemente, ma che rappresentano sempre un modello innaturale di “respiro” del Corpo Emotivo. Un caso rappresenta le persone che, consciamente o meno, non desiderano fare esperienza di una profonda intimità e serenità, ma temono la solitudine; questi cercheranno di trattenere sia le emozioni positive che quelle negative e ciò comporterà l’instaurazione di relazioni abitudinarie e superficiali. L’ultima possibilità è quella di persone in grado di sentirsi a proprio agio sia con il dolore che con la gioia, quando sentono il bisogno di compagnia o in solitudine, ma sperimentano difficoltà nel passare da uno stato all’altro. Tutti questi modelli innaturali di respiro creano complicazioni emozionali e comportamentali di ogni genere. Per esempio, in una relazione, nella fase in cui ci sentiamo bene e desideriamo unirci, le persone che prediligono questo stato potrebbero cercare di aggrapparsi al compagno per paura di essere lasciate sole o abbandonate, credendo di non poter sopravvivere senza l’altro e ciò si manifesta con pensieri come: “Tutta la mia felicità dipende da lui” o “Se mi lascia la mia vita è finita”. Chi invece tende a mantenere “l’espirazione” e lotta per difendere la propria solitudine, userà frasi quali: “Se mi apro a te mi ferirai” o più comunemente “Ho bisogno dei miei spazi”. Non sempre queste paure vengono espresse, spesso si celano dietro a strategie comportamentali, ad esempio, fingere che vada tutto bene quando siamo tristi e il nostro compagno è felice, mentre invece questa situazione ci irrita, o diventare più amorevoli nel tentativo di trattenere l’altro, quando sentiamo il bisogno di fusione e lui di distacco. Altre volte queste strategie vengono espresse in modo drammatico: “Se mi lasci mi uccido!”. La repressione della tristezza e del distacco avviene spesso a causa dei sensi di colpa, per paura di far star male il compagno, l’amico o il figlio, cerchiamo di mascherare i nostri sentimenti fingendo che vada tutto bene o comportandoci, addirittura, in modo più amorevole del solito. In conclusione, quando il ritmo di “respiro” naturale viene distorto si hanno una lunga serie di complicazioni, ma per ripristinare l’equilibrio è sufficiente riconoscere il nostro ritmo, accettarlo ed osservare senza giudizio le situazioni derivanti da esso. E’ importante cercare di capire quale polarità preferiamo, lasciando andare l’attaccamento ad essa e provare, anche solo per poco, a spostarsi nella polarità repressa. Se ci si accorge, durante il quotidiano, di usare una strategia per rimanere aggrappati alla polarità per cui si propende, chiudiamo gli occhi, rilassiamoci e mettiamo una mano sul cuore spirituale iniziandolo a sentire. Non bisogna combattere per eliminare le strategie, ma piuttosto riconoscere cosa sta accadendo e accettarlo semplicemente. La comprensione e l’accettazione aiuteranno a tornare allo stato di naturalità, migliorando la nostra sensibilità alle emozioni. Quando siamo nella fase in cui si provano emozioni come la tristezza, il dolore, l’antipatia, è inutile reprimerle ma è invece indispensabile trasformale con l’accettazione, lasciandole espandere ed osservarle con distacco, come se fossimo lo spettatore e non chi prova l’emozione. Essendo l’accettazione una qualità del cuore, quando un emozione ne viene inondata, la stessa si eleva diventando un emozione superiore.