"L'Abuso di Sè" di Ambra Guerrucci


Esistono molte forme di abuso e oggi parlerò della meno conosciuta: l'auto-abuso come soluzione per riempire i propri vuoti. Tra tutte le forme che ci vengono in mente quando si parla di abuso, questa è quasi sempre tralasciata, non contemplata e proprio per questo è una delle più difficili da sradicare, in quanto ritenuta normale. Quando parlo di abuso di sé mi riferisco a quelle situazioni in cui ci curiamo solo di ciò che l'altro vuole, assecondando richieste esplicite e implicite, senza contemplare cosa realmente vorremmo. Ciò avviene perché percepiamo, talvolta senza nemmeno ammetterlo a noi stessi, l'altro come vitale. Il bisogno dell'altro è così forte che sovrasta tutti gli altri bisogni, per questo la nostra volontà passa in secondo piano e viene messa a tacere, soppressa, talvolta con una forza tale da essere completamente persa di vista. Questo può manifestarsi con diverse sfumature, che vanno dalla scelta di mettere avanti ciò che l'altro vuole per non perderlo, alla completa e totale dimenticanza di ciò che invece vorremo noi, al punto di illuderci che la volontà dell'altro sia anche la nostra. In quest'ultimo caso, essendo completamente dissociati da noi stessi, diventa molto difficile rendersi conto di essere in questa dinamica. Ce ne accorgiamo perché a un certo punto l'inconscio inizia a manifestare insofferenza, rabbia latente, nata proprio dal fatto che nel profondo ci sentiamo abusati. Il linguaggio del corpo inizia a esprimere segnali chiari di chiusura rispetto all'altro e protezione, mettendo ad esempio sempre un braccio (o un oggetto che stiamo maneggiando) tra noi e l'altro. Anche questi segnali in genere rimangono inascoltati, così si fanno sempre più forti e a un certo punto vengono accompagnati da una sensazione di fastidio, oppure pesantezza e in certi casi impossibilità di esaudire le richieste -consce o meno- dell'altro. In questi casi, se siamo profondamente convinti che ciò che vuole l'altro coincida con quello che vogliamo noi, manderemo segnali contrastanti: a parole diremo che vogliamo fare quelle cose, ma creeremo inconsciamente condizioni (talvolta persino ammalandoci) per non fare ciò che l'altro si aspetta da noi. L'altra persona, a sua volta, rimarrà spiazzata dal comportamento e mancandogli i riferimenti per capire ciò che avviene, si costruirà una sua visione delle cose in grado di farlo stare meglio, di appagare l'istanza interiore di capire cosa sta accadendo. Questo comportamento dicotomico, originato dalla dissociazione, verrà interpretato dagli altri secondo i loro strumenti e talvolta genererà liti, discussioni, portando il soggetto a vivere proprio quello che più temeva: la separazione, la disapprovazione, il rifiuto. A seconda del vuoto che l'altro riempiva, origine della nostra soluzione inconscia di contemplare solo l'altro per riempire proprio quel vuoto stesso, percepiremo la reazione dell'altro in un modo preciso. Ciò significa che se volevamo riconoscimento ci sentiremmo non riconosciuti, se volevamo essere accolti ci sentiremo rifiutati, se volevamo un rapporto gemellare con l'altro e quindi unione su tutti i livelli rivivremo la separazione. In quei momenti, quando la soluzione "salta", l'altro ci pone di fronte esattamente a ciò che più fuggivamo, ossia la ferita che ci ha portato a non contemplare la nostra volontà. Inoltre, in quei momenti, uscirà fuori tutta la rabbia nata dal sacrificio, dallo "stringere i denti" per accontentare l'altro e per questo ci troveremo a vederlo come negativo, percependolo come abusatore, oppure chiedendoci semplicemente "cosa potevo fare di più? ho fatto tutto per lui e mi fa questo comunque". Dalla nostra prospettiva infatti, finché non si rompe la dinamica, viviamo come sotto un potente incantesimo, in cui non vedremo le nostre incongruenze e anche qualora l'altro ce le facesse notare vivremo questo come un'accusa. Essendo questo nostro comportamento una soluzione, per poterne uscire è necessario riprendere contatto con quella parte di noi che aveva un grande dolore, che ha sentito la mancanza di qualcosa di vitale, di quel qualcosa che richiede agli altri sacrificandosi di continuo. Potrebbe essere la fusione di un gemello perso in utero, l'amore dei genitori che ha imparato a guadagnarsi stando alle loro richieste, l'accoglienza di un genitore da cui ci siamo sentiti rifiutati, oppure tanto altro. Scendere nelle profondità di quel bisogno ci permette di ricontattare quella parte di noi che all'epoca abbiamo "sganciato", credendo di non poter reggere il dolore. Di fronte a quella parte di noi, oggi, possiamo fare qualcosa di diverso: accoglierla noi, anziché chiedere agli altri di farlo. Pian piano la distanza da lei scompare e torniamo ad essere un solo insieme, una persona integra. Da lì il bisogno di essere accondiscendenti con l'altro scompare e possiamo riscoprire ciò che veramente vorremmo, ciò di cui il corpo ha bisogno, senza più mettere avanti a queste cose le necessità altrui e senza dover quindi trovare situazioni che ci impossibilitino ad accontentare l'altro. Impariamo a dire no, con rispetto e amore. Ma a quel punto, tutte le vecchie sensazioni provate e ignorate, emergono per essere riconosciute. Se il corpo ha vissuto cose che per lui sono innaturali, come bocconi amari, senso di insudiciamento, invasioni di territorio e limitazioni dello spazio vitale, ecco che queste sensazioni tornano fuori. Anche da tutto questo possiamo passare attraverso, riconoscendo come realmente abbiamo vissuto le vecchie situazioni, oltre l'illusione di quel momento data dal bisogno. Accogliere tutte queste cose, lasciarsi attraversare senza attaccarci ad esse o respingerle, ci permette di rinascere al presente. Tutte queste sensazioni vogliono solo essere viste, accolte, per essere finalmente reintegrate. Dopo esser rimaste per molto tempo dissociate possono finalmente affacciarsi alla luce della coscienza neutrale e una volta accolte ci portano più in contatto con quella vera natura, che avevamo abbandonato come forma di compromesso per sentire appagati i nostri bisogni. A quel punto non ci facciamo più abusare, non eseguiamo più cose che escono dal nostro volere e dalle nostre necessità di quell'istante. Contemporaneamente non proviamo più rabbia per i coinvolti, perché hanno trovato le loro soluzioni, così come per noi lo era da dinamica. A quel punto ci accorgiamo che anche il rispetto dei bisogni dell'altro emerge naturalmente, cosa che probabilmente pensavamo di avere già, ma anche questa era un'illusione. Finché noi mettiamo da parte noi stessi per gli altri, in qualche misura ci aspettiamo che facciano lo stesso, mentre ascoltandoci istante per istante e rispettandoci, faremo lo stesso con gli altri. A quel punto, il viaggio di vita, acquisisce altri colori.